sabato 22 novembre 2008

Direi che non posso sottrarmi all'invito di affrontare un tema richiesto, quindi parliamo del VIAGGIO.
Solo per amor di cultura e non per un inutile sfoggio di erudizione, ripercorrimo brevemente il significato che ha assunto il viaggio nella storia della letteratura
Esiste un'opera nella letteratura di tutti tempi che riassume i significati concreti e simbolici legati al tema del viaggio: l'Odissea di Omero. Il viaggio di Ulisse è un viaggio di ritorno alla sua nativa Itaca, la patria abbandonata.
Nell'elaborazione del mito di Ulisse che Dante propone nel canto XXVI dell'Inferno, di Ulisse invece emerge una nuova interpretazione dell'uomo contrassegnato da una sete conoscitiva sfrenata.

Il Settecento illuminista inaugura anche un altro tipo di viaggio: il Gran tour. Con l'espressione si é soliti definire il viaggio di istruzione e di formazione, ma anche di divertimento e di svago, e perché no di avventura, che le élites europee, e americane intraprendono attraverso l'Europa. Protagonisti indiscussi del Grand Tour sono i giovani che hanno appena concluso gli studi. Con il viaggio, la loro educazione si completa e si perfeziona: le conoscenze apprese nelle università si fanno più duttili, si arricchiscono, si aprono alla moda, al gusto e alla competenza estetica, si completano con la conoscenza degli uomini e delle nazioni.
A viaggiare sono anche diplomatici, filosofi, collezionisti, amatori d'arte, romanzieri, poeti, artisti. Meta privilegiata é l'Italia, culla della civiltà e dell'arte.

Il mito di Ulisse, reinterpretato da un po' tutte le età, viene ripreso nel Novecento, proprio per gli elementi di apertura ed ambiguità che racchiude. Sono le motivazioni al viaggio di ricerca esistenziale che rendono vitale questo mito. La ricerca avviene essenzialmente nella dimensione interiore ed inconscia .
Rimbaud nel suo Battello ebbro ripropone una metafora del viaggio come frattura, totale allontanamento da ciò che è noto...

Infine l'Ulisse di Joyce ripropone ancora il topos dell'eroe viaggiatore, ambientando questa volta la vicenda nella moderna città di Dublino, sede della vana ricerca di senso della vita da parte dell'uomo moderno, proteso a dare significato alla banalità del quotidiano, in un flusso inesausto di pensieri.

Il viaggio dunque racchiude una sostanziale polarità tra la fedeltà alle radici della terra natale e la scommessa della ricerca.
E' rischio di perdita ma anche promessa di conquista, è speranza di ritorno ma anche abbandono angoscioso all'ignoto.

Facendo, a questo punto, un profano riferimento non ad un animo nobile o ad uno spirito letterario del passato, ma ad una comunissima mortale (me medesima), posso con certezza affermare che il viaggio sia stato e continui ad essere una costante della mia esistenza.
Inizialmente, per me ha rappresentato un esilio, l'abbandono della mia cultura di origine, dei valori della società nella quale ero cresciuta.
Inizialmente la percezione del mio viaggio era, quindi, come di un fenomeno transitorio e intriso di speranza di ritorno.

Poi, in un secondo momento è subentrata una necessità inconscia, quella della scoperta.. Avevo bisogno di viaggiare per conoscere, per entrare a contatto con altre culture, per fare dei confronti. Essendo ormai una sdradicata (nel senso letterale del termine), avevo bisogno di termini di paragone prima di effettuare una qualunque scelta
E, non avendo soldi a sufficienza per poter andare in lungo e largo come sarebbe piaciuto a me, ho fatto sì che il viaggio diventasse una necessità, scegliendo un lavoro che mi portasse in giro per diverso tempo.
Si può dire che non sono ancora alla fase del VIAGGIO VERTICALE, ossia il viaggio alla scoperta di sé, al viaggio introspettivo, quello più accessibile ma anche il più difficile da intraprendere, ma sono sicura che sto per arrivarci.

Volendomi paragonare ad un genere musicale secondo me sarei REGGAE
Il reggae, nasce come musica di denuncia e, come ogni musica nata in strada, è rimasta ancorata ai propri codici fino a quando dalla strada non siè tolta per visitare altri luoghi, da cui si è lasciata contaminare.

Open your eyes and look within:
Are you satisfied (with the life you're living)? Uh!
We know where we're going, uh!
We know where we're from.
We're leaving Babylon,
We're going to our Father land.



A questo punto mi piacerebbe leggere di altre esperienze... capire se, come, in che misura e soprattutto sotto quale forma il viaggio sia entrato a far parte della vita di altra gente...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

mi è molto piaciuto questo post.
Il viaggio certe volte serve per andare a vedere se un altro modo è possibile.
Modo di vivere; e anche modo di essere, di esprimersi, per la possibilità di farlo in un altro contesto.
Cambiare l' intorno per vedere che effetto fa all' interno.

Anonimo ha detto...

Davvero interessante questo "viaggio" nel significato che il "viaggio" ha assunto nelle epoche diverse, da Omero in poi....

Personalmente non viaggio quanto mi piacerebbe,almeno dal punto di vista materiale e fisico del termine..ma spesso sono stata piacevolmente sorpresa dalla scoperta di riuscire a sentirmi "a casa" in tanti luoghi che pure "casa" non erano...così ho capito che proprio questa è una condizione a me necessaria per avere voglia di ritornare in un posto.
La capacità che un luogo ha, di farmi sentire accolta, di far nascere in me quella piacevolissima sensazione di immediata appartenenza...quando il nuovo, l'inusuale, il lontano...diventano inspiegabilmente "miei", pur rimanendo diversi e distanti dalla mia quotidianità....